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Alessandro FranchiAlessandro Franchi

In occasione del Giorno del ricordo - 10 febbraio - il sindaco Alessandro Franchi scrive ai ragazzi e alle ragazze delle scuole per tramandare al futuro la memoria dei massacri delle foibe, compiuti dalle milizie di Tito tra Trieste e Fiume dal 1943 al 1947. Il primo cittadino di Rosignano dice agli studenti:

"Care ragazze e cari ragazzi,

a distanza di pochi giorni dal Giorno della Memoria e dalla Commemorazione di Oberdan Chiesa, con cui abbiamo ricordato la persecuzione del popolo ebraico e le vittime del nazi-fascismo, vorrei porre alla vostra attenzione su un altro episodio altrettanto triste e drammatico della nostra storia, che per molto tempo è passato sotto silenzio. Mi riferisco al dramma delle foibe e ai tanti cittadini italiani uccisi nell'ambito della persecuzione etnica scatenata dalle milizie jugoslave di Tito, tra Trieste e Fiume, alla fine della seconda guerra mondiale.

La nostra Repubblica, colmando un vuoto di decenni, con la Legge 92 del 2004 ha istituito  il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio di ogni anno. E’ stata scelta questa data per ricordare il trattato di pace di Parigi, firmato il 10 febbraio del 1947, che assegnò alla Jugoslavia di Tito le province di Pola, Fiume, Zara e parte delle zone di Gorizia e di Trieste. Ma l’istituzione di questa giornata non segna una semplice ricorrenza, è piuttosto un solenne impegno a ristabilire la verità di una strage negata per ideologia e quasi rimossa dalla memoria collettiva, dopo un silenzio durato oltre mezzo secolo.

A partire dall’autunno del 1943 e nella primavera del 1945, in Istria furono rastrellate, deportate e uccise migliaia di persone, per lo più italiane, gettate  spesso ancora vive nelle foibe (fosse rocciose delle montagne carsiche, profonde fino a 200 metri) dai partigiani slavi dell'esercito di Tito. A cadere dentro le fosse furono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, in una vera e propria carneficina. La persecuzione prosegui fino al 1947, fino a quando, cioè, venne fissato il confine fra Italia e Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non ebbe fine: trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli, in bocche da sfamare accolte in Italia senza gli aiuti adeguati e spesso nell’indifferenza generale.

Oggi molte cose sono cambiate ed i giovani italiani, sloveni e croati possono guardare con fiducia ad un futuro comune, grazie all’abolizione fisica delle frontiere e all’integrazione realizzata in Europa. Ma le conquiste non vanno mai date per scontate, bensì mantenute e difese ogni giorno, perché  i nazionalismi sono sempre in agguato.

Riflettere tutti insieme su valori quali fratellanza, uguaglianza, solidarietà, altruismo, accoglienza, democrazia è ancora più urgente e necessario in periodi come questo, in cui riemergono e si rafforzano sentimenti di intolleranza ed egoismi, alimentati dalle ansie di una crisi economica e sociale persistente.

Ecco quindi il mio invito, care ragazze e cari ragazzi, a fare della scuola non solo un luogo di studio e conoscenza del passato, ma un laboratorio di convivenza per il futuro, in cui la diversità sia il fattore di arricchimento reciproco, le divergenze di opinione siano riconciliate nel dialogo, le radici e le tradizioni di ognuno siano rispettate nella loro pari dignità".

 

Pubblicato il 09-02-2017
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