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Vada Volaterrana, almeno da età medio-repubblicana principale porto di Volaterrae, era situata secondo l'Itinerarium Maritimum a 25 milia da Populonia e a 18 da Portus Pisanus. Il vero e proprio porto, doveva essere ubicato in prossimità dell’attacco dell'attuale pontile Solvay. Lo specchio di mare antistante il tratto di costa compreso fra le Punte di Pietrabianca e del Tesorino risultava infatti particolarmente adatto alla sosta delle navi e alle operazioni di imbarco/sbarco merci, perché protetto da un esteso sistema di secche, il cui non facile attraversamento è descritto dal poeta latino Rutilio Namaziano (V secolo d.C.).
Quanto sopravvive dell’abitato di Vada Volaterrana si estende sotto la moderna Vada, che ne perpetua il toponimo e dove la continuità di vita rende difficile l'individuazione di eventuali resti archeologici. Del centro si hanno solo vaghe notizie di rinvenimenti ottocenteschi nell’area dell’odierna Piazza Garibaldi. Una necropoli di epoca ellenistica è stata individuata e largamente distrutta in località Poggetto. Nell’immediato entroterra, nel parco di “Villa Graziani”, ex Ginori, sono conservati epigrafi e resti monumentali, per lo più funerari, risalenti alla media e tarda età imperiale, dei quali si ignora l’esatta provenienza.
In località San Gaetano di Vada, gli scavi condotti dal Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico dell’Università di Pisa hanno portato in luce un vasto quartiere di età romana adiacente al porto. Sono stati indagati due complessi termali, un horreum (magazzino), un probabile macellum (mercato al dettaglio), una fontana monumentale, una schola (sede di una corporazione di lavoratori del porto, forse i dendrofori, artigiani addetti alla lavorazione ed al commercio del legno che svolgevano anche attività di pubblica utilità, quali lo spengimento degli incendi) ed un edificio interpretabile come un tempio, forse destinato al culto di Bellona, antica divinità romana della guerra, Cibele ed Attis, divinità orientali particolarmente venerate nei porti frequentati da mercanti dell’est. Di quest’ultimo è stata rinvenuta anche una statua votiva probabilmente distrutta all’epoca dell’editto di Teodosio che fece della religione cristiana l’unico culto consentito nell’Impero Romano.
Ulteriori edifici, a probabile carattere produttivo e di servizi, sono in corso di scavo nel settore meridionale dell’area.
Il complesso venne edificato, alla fine del I secolo d.C., con unità progettuale e con la medesima tecnica costruttiva: le fondazioni sono in opera cementizia; la base dei muri in blocchetti di pietra locale (‘panchina’), disposti in filari regolari (opus vittatum), mentre l’alzato, di cui non resta traccia, era costituito da mattoni "semicotti".
Oggetto di numerose ed ampie ristrutturazioni, gli edifici proseguirono la loro vita fino agli inizi del VII secolo d.C., quando l'area venne progressivamente abbandonata ed occupata da una necropoli.
I reperti rinvenuti nello scavo del quartiere di San Gaetano documentano l’intensa attività commerciale del porto dove giungevano merci dall'intero bacino del Mediterraneo e confluivano i prodotti locali destinati alla commercializzazione transmarina.