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I primi rinvenimenti di cui si ha notizia a Castiglioncello risalgono alla prima metà dell’Ottocento, quando, nei pressi della Torre Medicea, vennero alla luce reperti e armi d’epoca tardo-etrusca. In questo stesso luogo si rinvennero, qualche anno più tardi, anche materiali di corredi tombali dello stesso periodo, che andarono a costituire la collezione di Diego Martelli, da lui stesso donata, prima della morte, al Regio Museo Archeologico di Firenze. Questi ed altri rinvenimenti occasionali verificatisi agli inizi del Novecento, indussero l’allora Soprintendente alle Antichità dell’Etruria, Luigi Adriano Milani, a intraprendere nel 1903 una campagna di scavi tra il Castello Patrone (oggi Castello Pasquini) e piazza della Vittoria, cui fecero seguito, tra il 1905 e il 1911, numerosi altri ritrovamenti effettuati nel corso degli imponenti lavori per la costruzione della ferrovia e il riassetto urbanistico della località.
Gli scavi portarono alla luce oltre trecento tombe appartenenti ad una consistente necropoli etrusca d’età ellenistica, composta per lo più di sepolture a incinerazione entro ‘tombe a pozzetto’ che contenevano, oltre al cinerario, il corredo funebre composto da oggetti in ceramica e in bronzo.
Nel 1910 Milani riuscì ad ottenere dal barone Fausto Patrone la donazione di una piccola area circolare situata sulla cima del ‘Poggetto’ di Punta Righini, dove costruire un museo destinato ad accogliere i suoi rinvenimenti (Museo Archeologico di Castiglioncello ).
Dopo la morte di Milani, avvenuta nel 1914, le scoperte, pur numerose, assumono un carattere prevalentemente casuale.
Nell’estate del 1997, nel corso di lavori effettuati nel parco del Castello Pasquini, sono state rinvenute e indagate scientificamente circa venti tombe. Le indagini, oltre a confermare i dati precedentemente acquisiti, quali la dislocazione e i limiti cronologici della necropoli e le classi di materiali prescelte per i corredi, hanno consentito di verificare che, fin dalla nascita della necropoli, al rito dominante dell’incinerazione si affiancava quello dell’inumazione, entro tombe ‘alla cappuccina’, destinate prevalentemente a donne e bambini.
I corredi delle tombe indicano che la necropoli risale alla fine del IV secolo a.C., con corredi funebri di livello medio-alto che, spesso, qualificano il defunto come guerriero. Questa peculiarità appare connessa con la natura dell’antico insediamento, nato probabilmente come avamposto militare della città di Pisa, al confine del suo territorio con quello di Volterra, lungo l’importante asse stradale della Via Aurelia. Il centro poté inoltre sfruttare la sua natura di scalo marittimo ed ebbe intensi rapporti commerciali, oltreché con la vicina Volterra, con la penisola iberica e l’area sud-etrusca e campana. La necropoli cessa di essere utilizzata all’inizio del I secolo a.C.: la creazione, tra il 115 e il 106 a.C. del nuovo raccordo stradale della Via Aemilia Scauri e il mutato quadro politico e territoriale contribuirono al rapido declino del centro.
A fronte dei numerosi ritrovamenti funerari, estremamente scarsi sono i resti dell’abitato. Un’area sacra potrebbe essere localizzata nella zona del ‘Poggetto’, dove nel 1903 e nel 1911, negli sterri per la costruzione del Museo, vennero alla luce dei muri a secco, numerosi pesi da telaio, una conduttura di scarico in terracotta, un piano pavimentale con rivestimento idraulico e due grossi blocchi di pietra, ritenuti da Milani parte delle mura di un tempio. Nell’estate 2000, nel giardino di una delle ville sottostanti il Museo, sono emersi i resti di una poderosa struttura muraria, poggiata direttamente sulla ‘panchina’ naturale, indubbiamente pertinente a un edificio pubblico.