Novantasette i volumi che hanno partecipato al Premio Filosofico Castiglioncello edizione 2006. Un Premio quindi che cresce e che oggi, al decimo anno di vita, fa registrare presenze di spicco nel panorama filosofico italiano. Sabato 25 febbraio, alle ore 17, presso l’auditorium del Castello Pasquini di Castiglioncello saranno premiati “La filosofia del novecento” di Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari, “Dove sei? Ontologia del telefonino” di Maurizio Ferraris e “Hegel e i confini dell’occidente” di Matteo Vegetti.
I vincitori ed i loro volumi sono stati presentati questa mattina nel corso di una conferenza stampa a cui hanno partecipato il Sindaco Alessandro Nenci, l’Assessore alla Cultura e al Turismo Alessandro Franchi, la Responsabile del Servizio Cultura Valeria Tesi e Silvia Guerrini, Presidente della cooperativa Il Cosmo, che ha curato la segreteria del Premio. Pubblichiamo di seguito le schede informative delle opere e le motivazioni della giuria.
PREMIO FILOSOFICO CASTIGLIONCELLO 2006. Maurizio Ferraris è professore ordinario di filosofia teoretica nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, dove dirige il Centro Interuniversitario di Ontologia teorica e applicata. Dal 1981 ad oggi ha pubblicato moltissimi saggi e 31 libri. Fra i quali: Mimica: lutto e autobiografia da Agostino a Heidegger (Bompiani, 1992), L’immaginazione (Il Mulino, 1996), insieme a Jacques Derrida Il gusto del segreto (Laterza, 1997), Estetica razionale (Cortina, 1997), Il mondo esterno (Bompiani, 2001), Goodby Kant (Bompiani, 2004). Il suo ultimo libro intitolato Dove sei? Ontologia del telefonino (Bompiani, 2005) è l’analisi di un oggetto di uso quotidiano che non è per nulla un telefono piccolo e senza fili, ma invece una macchina che ci fa parlare con altri e ci fa scrivere e registrare e che ha cambiato e sta cambiando in profondità le nostre vite. Ferraris avvicina questo mutamento a quello che si verificò, in tempi molto lontani, con l’invenzione della scrittura, quando le parole (come per un miracolo) divennero visibili invece che udite e si fissarono su una superficie piatta, che può essere una pietra o una foglia di papiro, o la pelle di un animale o una carta. Fino al momento in cui ci richiamiamo a questa distinzione tra parole udite e parole viste, scrivere ci sembra la cosa più ovvia del mondo. Allo stesso modo ci sembra ovvio usare il telefonino che, mentre lo usiamo, si sta trasformando, diventa altre cose, fa e incorpora fotografie è sempre più simile ad un computer o a un piccolo ufficio dove è presente una efficiente segretaria. E inoltre, come ha scritto Umberto Eco, a differenza di quando telefonavo pochi anni fa, io non so dove sta chi mi risponde, ma c’è sempre qualcuno che sa dove siamo entrambi. Dove si fermerà questa capacità di incorporare funzioni? Come ogni buon filosofo deve fare, Ferraris ci mostra, nelle pagine del suo libro, quanti problemi e quante questioni, anche molto sottili, e quante implicazioni di carattere generale (che hanno a che fare con l’ontologia, ovvero la tematica che si riferisce all’essere) siano implicite in un oggetto appartenente alla quotidianità. Nel telefonino, ha scritto Ferraris, “ci sono più cose di quante ne sognino le nostre filosofie”. I temi della scrittura e delle iscrizioni come fondamento delle realtà sociali sono al centro del libro, che è limpidamente scritto e che ha avuto un notevole successo.
Per la continuità del suo impegno nello studio e nell’insegnamento, per la ricchezza della sua produzione, per la capacità di avvicinare alla filosofia un pubblico di non specialisti, per la ricchezza dei contenuti, la giuria del Premio Filosofico Castiglioncello composta da Adriano Fabris, Alfonso Iacono, Giovanni Manetti, Enrico Moriconi, Ilaria Possenti, Paolo Rossi, ha deciso all’unanimità di assegnare al volume Dove sei? Ontologia del telefonino di Maurizio Ferraris (Bompiani, 2005) il Premio Filosofico Castiglioncello 2006.
PREMIO SPECIALE DEL PREMIO FILOSOFICO CASTIGLIONCELLO. Il sapere passa da una generazione all’altra attraverso i manuali: ovvero attraverso quei testi che contengono in forma ordinata, sistematica e concisa le nozioni fondamentali di un’arte, di una disciplina o di una scienza. Ci sono manuali di giardinaggio e di culinaria, di genetica e di geometria analitica, di zoologia e di chimica. Su questi si formano i tecnici e gli studenti. Per essere accolti nella comunità dei chimici o dei medici o dei biologi si fanno esperimenti e si frequentano laboratori, ma bisogna passare molte ore al giorno a studiare, per un periodo che oscilla dai tre ai sei anni, le pagine di una serie di manuali. Ci si può fregiare del titolo di fisico o di biologo senza aver mai letto una pagina di Newton o di Darwin. Nel mondo delle cosiddette scienze umane, le cose vanno in modo molto diverso. Per laurearsi in lettere o in filosofia bisogna anche leggere Dante e Ariosto, Platone e Hegel. Su questo terreno, la diretta lettura dei classici occupa un posto decisivo e tuttavia anche in letteratura e anche in filosofia i manuali sono indispensabili e importanti. Sono molto più difficili da scrivere perché fra i letterati e i filosofi la zona del consenso è molto meno ampia di quanto non lo sia presso i fisici o i chimici. Tra i filosofi, da qualche millennio, si discute ancora molto sulla definizione stessa di filosofia, su che cosa la filosofia sia e debba essere. Scrivere un manuale, in un contesto come quello ora descritto, è un’impresa davvero difficile. Simpatie e posizioni personali giocano qui un ruolo molto maggiore che in altre discipline. E tuttavia, come dimostra il grosso volume intitolato Le filosofie del Novecento scrivere un buon manuale è possibile: rinunciando alla rigidità e all’esclusivismo, adottando – come hanno fatto Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari – un atteggiamento di rispetto per tutte le varie e talora contrastanti posizioni filosofiche, “sforzandosi di mettere in luce, con distacco critico, ma anche con simpatia umana e intellettuale, le figure e le correnti emblematiche del Novecento filosofico”. Il rigore e la chiarezza espositiva, la ricchezza dell’informazione, la accessibilità del linguaggio rendono questo manuale uno strumento importante che verrà consultato da molti e sul quale si formeranno molti giovani aspiranti filosofi.
Il premio filosofico Castiglioncello è giunto alla sua decima edizione. In questa occasione – come è scritto nel bando di concorso – la giuria assegna un premio speciale per un’opera di filosofia di uno o più autori italiani pubblicata negli ultimi dieci anni “che possa considerarsi contributo sostanziale alla ricerca e/o alla promozione della conoscenza filosofica in Italia”. La storia della filosofia di Nicola Abbagnano, rivista e aggiornata da Giovanni Fornero, è ancora oggi il testo più diffuso nei Licei italiani.
Per la continuità del loro impegno nello studio e nell’insegnamento, per la capacità di avvicinare alla filosofia un pubblico di studenti e di lettori non specialisti, per la sobrietà e la misura dello stile, per l’equilibrio dei giudizi, la giuria del Premio Filosofico Castiglioncello composta da Adriano Fabris, Alfonso Iacono, Giovanni Manetti, Enrico Moriconi, Ilaria Possenti, Paolo Rossi, ha deciso all’ unanimità di assegnare al volume La filosofia del Novecento di Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari (Paravia Bruno Mondadori, 2002) il Premio Speciale del Premio Filosofico Castiglioncello.
PREMIO FILOSOFICO ANTONELLA MUSU. Scrivendo la Fenomenologia dello spirito Hegel andava a indagare proprio quel campo di indagine che Kant aveva sottratto alle possibilità di un’indagine non destinata a un esito paradossale. Ricostruire la storia della formazione (Bildung) della coscienza nel suo percorrere le varie forme del rapporto che essa intrattiene con l’oggetto fino a giungere al sapere assoluto, al sapere che non dipende più dal fatto di aver assunto un particolare punto di vista, è ciò che Kant riteneva impossibile e costituisce la vera introduzione alla conoscenza filosofica. Pur essendo un testo di formidabile difficoltà interpretativa, la Fenomenologia dello spirito è stata una delle opere più lette e di maggior fascino della produzione hegeliana. “Figure” come la “coscienza infelice”, il “rapporto servo-padrone”, l’“alienazione”, l’“anima bella”, il suggestivo ritenere che il momento più alto dell’esperienza di Cristo sia stata più che la croce la solitudine nell’orto degli ulivi, per ricordarne solo alcuni, sono tra i temi che hanno reso centrale quest’opera nella storia della filosofia. Durante il ’900 la lettura della Fenomenologia dello spirito ha influenzato significatamene l’evoluzione delle concezioni esistenzialiste, marxiste e psicanalitiche. Matteo Vegetti riprende con grande chiarezza i temi di quest’opera e della sua ricezione, con particolare riferimento alle indagini di Heidegger, Loewith, Kojève e Schmitt, e per questo la giuria del Premio Filosofico Castiglioncello composta da Adriano Fabris, Alfonso Iacono, Giovanni Manetti, Enrico Moriconi, Ilaria Possenti, Paolo Rossi, ha deciso all’ unanimità di assegnare al volume Hegel e i confini dell’occidente di Matteo Vegetti (Bibliopolis, 2005) il Premio Antonella Musu 2006.
Data di revisione/modifica: 16-01-2009