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Ermanno Cavezzoni con Il limbo delle fantasticazioni edizioni Quodlibet Compagnia Extra, Francesco Recami con Prenditi cura di me edito da Sellerio, Emanuele Trevi con Il libro della gioia perpetua edizioni Rizzoli sono i tre finalisti del Premio Narrativa Castiglioncello che sabato 28 agosto alle 18 alla Limonaia nel parco di castello Pasquini, presenteranno i loro libri intervistati dai giurati “tecnici” del Premio.
La terzina, scelta dalla Giuria Tecnica composta da: Franco Cesati (segretario), Maria Grazia Capulli, Carlo D’Amicis, Masolino D’Amico, Lorenzo Greco, Angelo Guglielmi, Alice Santovetti, si è aggiudicata il premio per i tre finalisti di 1000 euro ciascuno. Spetterà poi alla giuria di 80 Grandi Lettori, nominati dal Comitato Promotore, esprimere la loro preferenza e scegliere il vincitore di questa XXXIII edizione del Premio Castiglioncello sezione narrativa. Come di consueto lo spoglio avverrà in piazza della Vittoria a Castiglioncello a partire dalle 21 alla presenza della giuria tecnica, dei tre finalisti in una serata presentata dall’attrice Anna Meacci. Al vincitore saranno consegnati altri 1500 euro e la targa del premio.
Ermanno Cavazzoni, scrittore eclettico di romanzi e racconti, esordì nel 1987 con Il poema dei lunatici (Bollati Boringhieri), a cui si ispirò Federico Fellini per il suo ultimo film, La voce della luna (1990). Ne Il limbo delle fantasticazioni, parte dalla questione dell’arte, e della letteratura in particolare, e arriva, di divagazione in divagazione, in tono ironico e pungente, a riflettere sull’essenza multipla ed eterogenea della natura umana, «comica costituzionalmente». Quello dello scrittore emiliano di libri 'anormali', docente universitario e collaboratore e amico di Fellini, è un atto d'accusa argomentato con leggerezza, poesia e, allo stesso tempo, grande competenza. La sua proposta è suggestiva: la questione dell'arte va "d'ora in poi trascurata", e lasciata a occupare un piccolo spazio nel "vastissimo limbo delle fantasticazioni".
Emiliano Trevi critico e scrittore nato a roma, C’era una volta il favoloso mondo di Lossiniere, un paese dove non suonano i telefoni e si viaggia in carrozza. Napoli, invece, è un inferno vero di traffico e spazzatura. Uno scrittore, appena arrivato da Roma, scopre che l’evento a cui doveva partecipare è stato annullato all’ultimo minuto. Il viaggio, in apparenza inutile, gli fa conoscere una enigmatica maestra e lo porta all’incontro fortuito con un manoscritto ambientato nel paese di Lossiniere, Il libro di Clara e Riki, e con il mistero della sua autrice: una bambina di otto anni. Nel Libro regnano la calma interiore, la concentrazione imperturbabile, la forza d’animo necessaria a essere nient’altro che se stessi. Bambini simili a dèi, Clara e Riki sembrano conoscere il segreto della gioia perpetua. Il sovrano istinto dell’attimo libera infatti la loro esistenza dall’obbligo di significare qualcosa agli occhi del prossimo. Ma qual è il potere di queste pagine capaci di riscuotere il protagonista dal torpore e dalla rassegnazione in cui era sprofondato? E chi è la bambina che le ha scritte, come fosse un oracolo in miniatura, un maestro zen di otto anni? Emanuele Trevi conferma in queste pagine la sua capacità di fondere le seduzioni del racconto con l’indagine appassionata e imprevedibile sulle meraviglie e i terrori dell’infanzia, e sulle radici più profonde dell’arte e della creatività. Un romanzo dal coraggio sfrontato, capace di avvolgerci in una spirale che, complice una prosa perfetta, porta dritti dritti al nucleo del nostro vivere.
Nella collana Il contesto dell'editore Sellerio, Francesco Recami esce con il suo quinto libro, e si conferma, se ce ne fosse stato bisogno, narratore di razza. Affida il corpo del romanzo a Stefano, perdente nato che non arriva a capire quasi nulla della vita, e al rapporto con sua madre malata, che nonostante un ictus non si decide a morire e lasciargli i soldi che risolverebbero (forse) tutti i suoi problemi e gi permetterebbero di reimpostare una nuova vita. Stefano rappresenta il peggio del peggio, mediocre, apatico, accidioso, si lamenta e basta, qualsiasi cosa faccia la fa con superficialità, non approfondisce alcuna attività né rapporto a partire e finire con sua madre. La vita che conduce nella provincia di Firenze è squallida, grigia, occupata da un lavoro molto poco remunerativo e di soddisfazioni solo momentanee, non riuscendo nemmeno a guardare più in là di un giorno o di una sera. Si sente vittima della situazione, ma è lui che ha trascurato conseguenze, che non ha progettato, che non ha costruito. E’ un po' un bambino incosciente che aspetta l'uscita della mamma per far casino, solo che lui ha 40 anni, la madre rischia di morire e non ne vuol sapere di lasciare il gruzzolo che ha in banca. Soldi, soldi, soldi, questo l'unico pensiero di Stefano, ma poi per far cosa? Intanto per star tranquillo, poi magari per investirli in un'attività sicura, di quelle dove lavori il giusto, rischi poco e guadagni tanto... Come se occasioni così fossero lì ad aspettare chiunque...
Ma la madre, incarognita, indurita dalla vita, solida come un muro di cemento armato di fronte agli assalti del figlio, coerente fino in fondo, non si fa giocare da nessuno, tiene la situazione in pugno, o almeno ci prova, e non si smentisce mai, fino alla fine... Ogni tanti scappa un sorriso ma l'atmosfera è pesante, chiusa, senza via d'uscita, il quadro ormai irrimediabilmente compromesso sembra solo poter peggiorare. Stefano che dovrebbe accudirle la madre non riesce a prendersi cura di se stesso, figuriamoci di qualcun altro. Non la riconosce più nemmeno come madre, ma solo come potenziale fonte di denaro. Non è un uomo medio, perché se così fosse la media sarebbe estremamente bassa. Recami non fa sconti, ognuno ha ciò che si merita.
In caso di ex aequo avrà valore la classifica espressa dalla Giuria Tecnica del Premio
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